SOGLIOLETTE IN SAòR

  • VILLALTA
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Preparazione

Si mangia con tutti i sensi, si mangia col tempo e l’ora, si mangia con la memoria e le parole. E allora, prima ancora delche cosamangiare, viene ildovemangiare,quandoecon chi.

Una giornata che ci ha recuperato alla vita terrestre, per esempio, siamo stati fuori e abbiamo camminato, una giornata d’estate. A cena. Ci sistemiamo all’aperto, se possibile con un odore di fresco che viene da un po’ di verde. In due, in quattro, in cinque, sei, sette, otto (solo se è un’occasione speciale più di otto). Con chi? Qualcuno che mostri un grande e immediato piacere all’idea di cenare con noi (piacere che, ovviamente, è anche il nostro).

Prima viene il vino. È dal primo assaggio del vino che una cena prende l’intonazione. E poi viene il cibo, il primo sapore, quando ancora all’inizio c’è l’adunanza di tutti i sensi.

Penso al primo sapore: deciso, delicato, che si apra in direzioni diverse e armoniche, rustico e raffinato:el saòr, ilsaporeper antonomasia, e invece delle tradizionali sarde questa sera ci offriamo lesogliolette in saòr.

Intanto sogliole piccole, due a testa, che abbiamo scelto e ci siamo fatti pulire per bene (siamo sfacciati ma molto simpatici). Le abbiamo immerse ben asciutte nel latte freddo con un po’ di sale. Olio nella padella, senza sparagnare. Le sogliolette, scolate e infarinate, sfrigolano meravigliosamente finché si dorano. Adesso, mentre stanno lì sulla carta grossa a sgocciolare, controlliamo il carpione: le cipolle affettate sottilissime, l’aglio intero, il porro a lamelle, un bicchiere di olio. Abbiamo fatto appassire il tutto con qualche foglia d’alloro (e del rosmarino, del prezzemolo, chiodi di garofano e grani di pepe chiusi dentro una garza) a fuoco lento. Qualche pinolo, a questo punto, dell’uvetta e una spolverata di zucchero, da equilibrare: infatti c’è da aggiungere l’aceto (3/4) e il vino (un bicchiere), mescolati, che avete tenuto sul punto di bollire per cinque minuti.

Adesso si leva la garza con le erbe aromatiche e le spezie, via anche l’aglio, e si versa sul pesce disposto con ordine in un piatto adatto, coi bordi alti, distribuendo equamente. Ecco tutto.

Ah, l’invito! Deve essere fatto con buon anticipo: per diventare quella delizia che ci meritiamo, questo piatto ha bisogno di starsene buono a marinare per almeno trentasei ore.

 

 

Gian Mario Villalta, poeta, vive a Pordenone.