CRUDITé

  • FANTINI
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Preparazione

Mi trovavo in Messico nello stato di Oaxaca ed il mio amico Graziano, un indios di Puerto Angel, mi invitò al matrimonio di sua cugina. Quando arrivammo al villaggio dello zio di Graziano, la pecora, cioè il nostro pasto, sgambettava ancora nell’erbetta. Per la grande occasione infatti lo zio, il capo famiglia, aveva deciso di non badare a spese e come sempre accadeva in queste occasioni chi ci rimetteva era la pecora. La brancarono, la legarono e la sgozzarono. Dal collo della pecora, la quale se ne stava in piedi, legata, sgorgava un fiotto continuo di sangue che si raccoglieva in una bacinella. La pecora più che belare emetteva uno straziante ma flebile lamento. Come il pianto di un neonato.

 

 

scena seconda

 

Dopo un certo tempo, le persone affamate, si erano raccolte tutte sotto una tettoia. Io le raggiunsi e vidi che stavano distribuendo da bere. Da lontano non distinsi bene, sembravano dei long drinks, la qual cosa mi parve piuttosto strana. Quando mi avvicinai capii invece che erano grandi bicchieroni, ma anche ciotole, ricolmi di una specie di succo sanguinolento. Si trattava, come ebbe a dirmi Cipriano, delle interiora tritate della pecora, ancora calde, mischiate con alcune spezie. Mi feci coraggio e ingurgitai, anche perché tutti, comprese donne, vecchi e ragazzi se lo stavano trangugiando.

Da lì a poco tutti i presenti presero a parlare, bere, ballare, muoversi in modo eccitato. Il gusto del sangue caldo in bocca e quella forte sensazione adrenalinica che mi permeava era diffusa a tutti. Mentre le viscere della pecora ci accomunavano in una digestione collettiva, noi tutti alimentavamo un tipo di combustione, dove i pensieri, l’odore della pelle, l’incontro degli sguardi bruciavano istantaneamente senza lasciare brace.

 

Emilio Fantin, artista, vive a Bologna.