UN SOGNO ALLA PORTOGHESE

  • MADESANI
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Preparazione

Nel momento in cui ti si chiede di raccontare una ricetta il primo pensiero va al tuo piatto preferito, quello a cui non sei capace di resistere quando si sa che sta chiuso nella dispensa, nel forno o nel frigorifero. Nel mio caso si tratta sicuramente dei dolci, della Sacher Torte del pasticcere di fiducia, con la glassa dura di cioccolato e la marmellata di albicocche, della torta al cioccolato con la salsa di banane che mi fa talvolta la migliore amica di mia madre, il panettone di Marchesi. Solo a scriverne perdo la bava dalla bocca come il mio cane Gedeone. Qui occorre fare una premessa fondamentale: la cucina mi piace. Mi piace mangiare e mi piacerebbe sapermene occupare degnamente, ma il tempo è tiranno e così mi tocca guardare gli altri mentre preparano e accontentarmi (si fa per dire) di assaggiare. Sono affascinata da uno dei miei più cari amici, un artista di grande talento, che è anche un cuoco straordinario. Mia madre è una cuoca coi fiocchi che nasce in una famiglia toscana in cui la preparazione del cibo è sempre stato un elemento fondante dell’esistenza.

Chi di noi non ha un sogno nel cassetto? Io ne ho tanti, i miei cassetti sono stracolmi, a volte non riesco nemmeno a chiuderli. Tra i tanti sogni che li oberano ce n’è uno gastronomico: il latte alla portoghese.

Tutto inizia dalla mia più tenera infanzia quando mia madre mi raccontò per la prima volta di un dolce che le praparava una sua zia, quando abitava a Firenze. I toni erano favolosi: mia madre arricchiva o meglio guarniva il racconto di particolari capaci di farti svenire. Ho iniziato a chiderle di prepararmelo. Da quei giorni sono passati quasi trent’anni e il latte portoghese è diventato un sogno mai realizzato. In compenso ho letto decine di volte la ricetta in questione su uno dei miti della storiografia gastronomica dell’Italia unita, il volume curato su per giù un secolo fa dal romagnolo Pellegrino Artusi.

Dunque ecco la ricetta del Latte alla portoghese, secondo la versione dell’Artusi: come dice il nome 1 litro di latte (possibilmente intero), 100 grammi di zucchero (è molto, ma se è un dolce, bisogna che dolce sia), 8 tuorli d’uovo e due chiare (la ricetta è per dieci persone), odore di vaniglia o coriandoli (da fare bollire insieme al latte in un cencino), o di caffè (vanno macinati alcuni chicchi di caffè tostato per poi farli bollire insieme al latte), una noce di burro.

Mettere sul fuoco il latte con 100 grammi di zucchero e quindi farlo bollire per un’ora intera, se non è di molta sostanza anche per un’ora e un quarto. Quindi mescolare il latte con le uova.

Sarà dolce a sufficienza? Penserei di sì. Comunque basta assaggiarlo per poi porlo nello stampo, dopo averlo colato da un colatoio non troppo fitto. Sul fondo dello stampo dovrà esserci un velo di zucchero fuso. Per ottenerlo basta mettere un po’ di zucchero nello stampo e farlo cuocere sino a diventare nero. Se lo zucchero caramellato dovesse essere troppo denso basta allungarlo con un mestolino d’acqua. Cuocere a bagno maria con fuoco sopra, e quando la superficie comincia a colorarsi porre sotto al coperchio un foglio unto col burro. A questo punto il trucco magistrale proposto dall’Artusi: per accertarsi della cottura bisogna immergervi uno steccolino di granata (scopa), se questo esce pulito e asciutto sarà segno che va tolto dal fuoco.

Chissà se riuscirò mai ad assaggiarlo? 

 

 

Angela Madesani, critico, vive a Milano.